F. À LÉO

Progetto: Cipelli - Zanchi - Garcia - Testa - Fresu
Etichetta: Radio Fandango
Anno: 2008

E' un progetto nato nell’ormai lontano 2001 da un’idea semplice, quanto bella e forse anche un po’ azzardata, del pianista Roberto Cipelli.
L’idea era quella di proporre una rilettura jazz di alcune delle più significative opere di Léo Ferré, un mostro sacro della canzone, non solo francese.
E di farlo da italiani, con un occhio, forse più libero, che puntava lo sguardo a partire da questa parte delle Alpi, pur con tutta la consapevolezza del caso.
L’idea è cresciuta nel corso del tempo, ci sono stati concerti qua e là, in Italia, Francia, Belgio.
Il pubblico ha gradito, i musicisti si sono divertiti molto in scena.
Il progetto si è fatto via via una sorta di progetto collettivo che tutti si sono cuciti addosso, sia la Produzione (Produzioni Fuorivia) sia quella specie di super gruppo che ne è alla base: oltre a Cipelli al pianoforte, Attilio Zanchi, al contrabbasso, Philippe Garcia alla batteria, Paolo Fresu, vero poeta della tromba, e, a dare voce alle parole di Ferré, il cantautore Gianmaria Testa, intimamente vicino al mondo di Léo e in confidenza, se così si può dire, con la Francia e la lingua francese.
Negli anni il repertorio si è affinato, distillato, si è fatto in qualche modo nostro.
Sette anni dopo, finalmente, è il momento di dare una forma compiuta al work in progress di questi anni.
Ed ecco, marzo 2008, il disco: “F. – A Léo”. 
Solo F. perché non c’è alcuna presunzione né intenzione filologica, nel nostro progetto, perché di Ferré si è cercato lo spirito più che la lettera, perché non si tratta di “cover”, ma di altro.
Piuttosto, “F.”, è il tentativo di disegnare un universo musicale, testuale, poetico e politico che sappia portare in sé il segno preciso di questi nostri tempi.
E, infatti, nel disco, c’è, quasi inaspettatamente, anche un pezzo di Luigi Tenco, una versione intensissima di “Lontano lontano” che diventa, in questa luce, anche una sorta di nostro saluto a Léo. C’è un free, che abbiamo intitolato “Free poétique” e che è un po’ il tentativo di restituire, con la musica, quella spregiudicatezza che Ferré sapeva usare con le parole e con le idee. C’è un Cesare Pavese, una poesia -“Il Blues dei blues”- che è quasi una canzone e che è stata “montata” sulla ferreriana e francesissima “Saint Germain dès Pres”.
C’è un pezzo scritto apposta da Cipelli, “F.”, appunto, che richiama, con tutto l’amore possibile, la grande capacità compositiva ed armonica del Ferré musicista.
C’è, spezzettato come un puzzle da costruirsi a mano a mano che si ascolta il disco, il manifesto della poesia simbolista tanto cara a Ferré, l’“Art poétique” di Verlaine.
E fin qui il nuovo.
Poi c’è il Ferré, diciamo così “minore”, quello forse meno conosciuto, di “Les Forains” e di “Monsieur Williams” (pezzo che richiama, per certi versi quasi il “teatro- canzone” per la potenza interpretativa che consente e riesce a mettere in gioco) e c’è anche quello più conosciuto di Avec le temps (che noi mettiamo in chiusura, in una versione minimale, in italiano, dopo il breve accenno pianistico di apertura), di Colloque sentimental (uno struggente duo piano-tromba), de L’Adieu e di Vingt ans, due pezzi che diventano, nel nostro lavoro, quasi due standards jazz, e di Les Poètes, trasformato in un brano giocoso, a tempo di rumba.
Paola Farinetti

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